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Sironi, Màrio.

Pittore italiano. Intrapresi gli studi di Ingegneria a Roma, li abbandonò nel 1905, per dedicarsi alla pittura; frequentando dapprima lo studio di A. Discovolo e quindi l'Accademia libera del nudo. A quel periodo risale il suo incontro con U. Boccioni e G. Balla: soprattutto quest'ultimo contribuì alla definizione delle sue ricerche, fino a quel momento di tipo meramente divisionista, orientandole verso una pittura dai caratteri sintetici e monocromatici. Si trasferì poi in Francia e in Germania dove dipinse soprattutto ritratti e autoritratti fortemente influenzati nello stile dalle gravi crisi nervose delle quali soffriva. Nel 1913, rientrato in Italia, aderì a Milano al movimento futurista, spostando gradualmente le proprie ricerche in senso sintetico-costruttivista. Durante la prima guerra mondiale lavorò per la rivista “Gli avvenimenti” come illustratore, stabilendosi, alla fine del conflitto, a Milano. Qui, nel 1920, iniziò a lavorare per il “Popolo d'Italia” in veste di illustratore e di critico d'arte. In quel periodo diede alla luce i suoi primi paesaggi urbani, caratterizzati da essenzialità plastico-geometrica e da ispirazioni di tipo metafisico (Aereo e città, 1919; Il tram, 1920; Periferia industriale, 1922). Nel 1922 fu uno dei sostenitori del gruppo Novecento, divenendone figura guida nel 1925. Il suo credo pittorico era basato sull'esigenza di un ritorno all'ordine e sull'ideale unità delle arti con spiccata funzione etico-sociale, come ebbe a dimostrare curando, nel 1932, l'allestimento della Mostra della rivoluzione fascista. Durante gli anni Trenta lavorò con G. Muzio e G. Terragni. Nel 1933 stilò un Manifesto della pittura murale, firmato anche da C. Carrà e da M. Campigli, nel quale precisò i punti della sua teoria artistica destinata alle decorazioni di grandi spazi eseguite con tecniche diverse che andavano dal bassorilievo alla pittura murale, al mosaico. Diede prova delle sue teorie nell'esecuzione di grandi cicli decorativi posti nell'Aula magna dell'università La Sapienza di Roma (1935), nel palazzo di Giustizia di Milano (1936), nel palazzo dei Giornali a Milano (1939-42). Nel secondo dopoguerra si ritirò a vita privata, dedicandosi alla pittura da cavalletto e realizzando opere di forte espressività orientate verso la disgregazione della forma e la pura essenzialità (Sassari 1885 - Milano 1961).